Sotto al Colosseo si mangia, si frega e se fa subito a cazzotti, come ai tempi del Belli, pe’ schiaffasse in saccoccia li quattrini. Finti centurioni e veri pizzardoni scatenato una rissa davanti alle telecamere fameliche, con urla in vernacolo e largo impiego di tipi umani da Cinecittà, per il tozzo di pane di una delibera comunale. Tra elmi di latta e divise con la lupa cucita sulla camicia bianca evocavano i rispetti mortacci, tra le pietre millenarie e i pini secolari. Padri di famiglia non più giovani e non più aitanti sono spinti dal bisogno a travestirsi da antichi romani per rastrellare qualche mancia tra i turisti. O forse sono tutti pregiudicati, come dicono i Carabinieri, che però se ne stanno in un angolo e non intervengono.
Le roulotte sui Fori Imperiali e in giro per le strade dei turisti vendono frutta e cibo e merendine, sono tutte di proprietà della stessa famiglia con agganci a destra e a manca, e mescolano il loro minestrone di esseri umani, pakistani e talilandesi, cingalesi e filippini, asiatici che non sono riusciti a farsi tigri. Davanti Castel Sant’Angelo alcuni gladiatori hanno tentato di colonizzare il territorio, ma sono stati cacciati da una compagni di mimi infuriati. Le statue viventi si sono messi a rincorrerli, quello che finge di essere la morte e ogni tanto tocca con la falce la nuca di un passante, e quell’altro che fa il Tutankamon anche se di profilo, con la pancia da faraone sotto la tunica gialla, e quelli grigi argentanti, che vorrebbero essere luccicanti ma sembrano soltanto sozzi, quasi come certi palazzi e certi vecchi monumenti di cui impallano la visuale.
Ci restano solo le graziose cartoline di Woody Allen ai romani – di nascita o di acquisizione o di passaggio – che si vanno a rinchiudere in un cinema nei pomeriggio piovosi di primavera, scoprono che in fondo il vecchio ebreo newyorkese con psicanalista al seguito non è così cinico, col suo vigile che in piazza Venezia dirige il traffico facendo danzare braccia e mani sulle note di Volare, e con l’impresario di pompe funebri che ogni volta che si fa la doccia diventa un tenore più bravo di Caruso, e col signore qualsiasi con la faccia di Benigni che all’improvviso diventa famoso per errore, e però si accorge che “siamo tutti uguali, i ricchi e famosi e i poveri e sconosciuti, ma è meglio essere ricchi e famosi”. Sopra Colle Oppio dei giovani americani fighetti proclamano “qui c’era una magnifica civiltà, ora ci sono solo rovine”.