Adesso fanno tutti i tecnici, o al massimo fanno i civici, anche nella piazza gaetana, col palco dei comizi che guarda il mare (e l’imponente nave da guerra americana lì parcheggiata). “Certo che sono civico, diamine, sono vent’anni che faccio liste civiche” ti dice il professor Cicconardi col golfino blu, l’aria blasé e la lista piena di fuoriusciti del Pdl, mentre tenta con la sua segretaria di farsi spostare un comizio, “perché sai non posso, devo presentare un libro sulle vele d’epoca al club nautico”. Niente da fare, “siamo noi la vera forza civica, anzi aggiungerei civile” si sgola Pina Rosato, che quando fa i discorsi deve avere un foglio davanti da leggere, sennò perde il filo, però è ancora arrabbiata col Partito Democratico, “non sono sgarbi da fare a una donna” come quello di toglierle il simbolo due giorni prima di presentare le liste. “Chi meglio di noi sostiene il governo tecnico a Roma, questa fase politica ci trova consapevoli” ti spiega l’avvocato dell’Udc, “qui a Gaeta siamo alleati col Pdl, a Minturno stiamo col Pd”, con la pazienza di chi ha il vezzo naturale di penzolare un po’ di qua un po’ di là. Sarà che poi al bar di Montesecco come al Quirinale, di questi tempi, si sentono dire le stesse cose: non bisogna credere ai demagoghi, però di questo passo.
Dice una ricerca del Sole 24 Ore sul campionario della tornata di amministrative 2012 che le liste civiche sono aumentate del 61% e gli aspiranti sindaco sono il 40% in più. Non si sa se ciò sia da considerare come un’ondata di passione ed energia vitale da parte della società civile in mezzo alla crisi dei partiti oppure se bisogna sfoderare il cinismo di chi ha esperienza: ecco i soliti italiani, buoni a sputar fiele sulla Casta, in realtà smaniosi di farne parte. Il fatto è che si rischiano di raccogliere frutti amarissimi nelle prime vere elezioni al tempo dei tecnici. Se solo si pensa a quanto è difficile condurre una campagna elettorale contro partiti che sono avversari magari a Palermo o a Verona, per dire, ma alleati seppur di malavoglia a Roma. O ancora al fatto che nessun candidato – né di centro, né di destra e nemmeno di sinistra – potrà stavolta esser sostenuto da ministri e sottosegretari col solito corteo di auto blu. In giro si respira un’aria di quaresima, e i candidati provano a far finta di essere usciti da un uovo di Pasqua.
La crisi economica morde e pochi si azzardano a fare grandi promesse, è come con certe nuove tasse del governo Monti, tipo l’Imu: prima si paga e poi si scopre a quanto ammonta l’aliquota. “Nun ce stann’ i money, meglio evitare salti nel buio” dice il sindaco uscente, Anthony l’Americano Raimondi. Lui che cinque anni fa vinse giocando da civico contro i partiti, una specie di grillino ad honorem, ora sente sul suo collo il fiato di quella stessa rivolta. “I favori non si possono più fare” si raccomanda, ma pochi gli credono, il Coniglio Mannaro del Pdl Cosimino Mitrano, con la sua ammucchiata di liste e candidati che invece di favori ne promettono eccome. Naturalmente ognuno degli aspiranti sindaco – che qui sono otto – è disposto a giurare che “per carità, la gente si ferma per strada solo quando scopre che il candidato sono io, e mi dice solo di te ci fidiamo”, ma questo me lo hanno detto tutti, e quindi i conti non tornano, ma quando li vedi passeggiare per i vicoli del Borgo gaetano certi candidati sembrano come gli sciusci, le tradizionali filastrocche di Capodanno che si usano da queste parti, sai già per filo e per segno cosa diranno, da dove vengono e dove vogliono arrivare.
Salvatore Di Maggio, per esempio, nel cortilone di piazza Capodanno, alle spalle l’insegna rossa di un supermercato che ultimamente è costretto a licenziare cassiere, assomiglia a un Bersani ancora più malinconico, coi suoi compagni di coalizione sinistrati, “non volevo candidarmi, poi ho sentito il richiamo della foresta”, il suo curriculum di scranni occupati e primarie perdute, la convinzione di essere “l’usato sicuro” e tentare il colpaccio. Dice di avere candidato anche un imprenditore russo che lavora per Rai International, “la notizia è uscita sulla Pravda”, magari l’ex vetreria la rimette in piedi Putin e i cavalli dei cosacchi si abbevereranno alle fontanelle di Serapo. Oppure ci accontenteremo, magari un’entratura in Rai ci farà ottenere un servizio in più sul tg regionale.
Ma io non riesco a sentire tutti i comizi, e forse leggo troppi editoriali. Secondo me, qui a Gaeta è come se intravedessimo, uno affianco all’altro, i due destini del paese, le due uscite dal vicolo cieco della crisi della politica, gli scogli a cui può andare a sbattere l’onda lunga del malcontento. Da noi una specie di grillino ha vinto già, cinque anni fa. E oggi? Da un lato abbiamo il populismo civico che alla prova dei fatti si rivela capace di riattivare talune procedure di buona amministrazione ma incline al pressapochismo e alla demagogia. Il collante ideologico non c’è ed è rimpiazzato da quello personalistico. Dall’altro lato c’è la riscossa un nuovo autoritarismo gentile di destra, un blocco di potere capace di saldare la destra post-berlusconiana, gli avanzi dei vecchi partiti, i delusi moderati, i media. Un sistema con poche vaghe parole d’ordine sulla “serenità da ritrovare” e molta sete di riconquista. I cittadini, si sa, sono stufi delle attuali oligarchie di partito però hanno sempre voglia di affidarsi a un leader che gli lisci il pelo.
“Fai discorsi troppo alti, queste teorie vanno bene fino a un certo punto” mi rimprovera il mio amico e blogger Riccardo Galletti. “Alla fine noi viviamo in un paesone, la maggior parte della gente vede le cose pratiche, più semplici e visibili”. Tipo? “Vuoi fare un bilancio di Raimondi? I marciapiedi: punto a favore, almeno qualcuno l’ha aggiustato. Perdita della bandiera blu e assenza totale di raccolta differenziata: punto a sfavore, forse l’assessore competente aveva altro cui pensare. Qualche evento straordinario, tipo le frecce tricolori: punto a favore. Situazione ex Avir che forse si sbloccherà nel 2150: punto a sfavore, ma qui più che un sindaco ci vuole Gesù Cristo. Ztl automatizzata: punto neutro, qualche casino sugli orari c’è stato. Grandi strade tipo Corso Italia e Lungomare Caboto rimaste con l’asfalto da rifare, i parcheggi in tripla fila e i vigili urbani che latitano: punto a sfavore, eccetera eccetera. Insomma cose così”. Ha detto pure che non aumenterà l’Imu. “Ti pare poco?”.
Alla fine la nostra vita assomiglia sempre a una messinscena, anche se ci conosciamo tutti. Certe interviste sulla tv locale sono degne del teatro dell’assurdo di Beckett. E il povero Cosimino? Nel caso vinca, quanto dovrà fingere che vanno tutti d’amore e d’accordo? E quanti sono i politici di quartiere che si credono con convinzione grandi statisti? Venisse almeno un Beppe Grillo, sul palchetto di fronte al mare, per farci divertire con uno dei suoi comizi spettacolari, dando fondo al meglio e a peggio che è in ognuno di noi, ridendo di cuore mentre lui manda tutti affanculo come se noi non c’entrassimo niente. In fondo, si sa, qui a Gaeta l’abbiamo imparato che le forzature sono indispensabili per uscire dalle paludi, o per adattarsi meglio a viverci dentro.