Je suis

Quello che sono in questi giorni non lo so nemmeno io. Io sono Charlie. Io sono Ahmed, il poliziotto. Io sono il cazzotto di un papa. Io sono l’imam dei Versetti Satanici di Salman Rushdie: “La Storia è ciò che ubriaca, è la creatura e il territorio del diavolo, del grande Shaitan, è la più grande delle menzogne – progresso, scienza, diritti – alle quali l’Imam ha deciso di opporsi”. Io sono Charb, il direttore, prima di essere sparato: “Forse potrà suonare un po’ pomposo, ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio”, e adesso no, non suona pomposo affatto. Io sono Galileo Galilei che alla fine decise di ritrattare, si limitò a dire: vabbè’, eppur si muove, però facciamo come volete voi, basta che mi lasciate in pace, pure se ho fatto mica delle vignette ma la scoperta più importante della storia dell’umanità. Io sono il sadomasochista occidentale di un romanzo di Houellebecq, pronto alla più spettacolare delle conversioni. Io sono il ragazzo che regge una lettera della scritta NOT AFRAID, scritta con le lucine staccate dagli alberi di Natale. in una piazza di Parigi. Io sono lo psicanalista Adam Phillips che in un suo libro “Sull’equilibrio” dice: “noi siamo estremi quando spingiamo le cose al limite, diventiamo eccessivi quando le spingiamo oltre il limite”. Io sono Luz, quello che disegna le copertine di Charlie Hebdo, un sopravvissuto, coi suoi dubbi mentre si chiede: “Tra un anno cosa resterà di questo entusiasmo per la libertà d’espressione? La gente si opporrà alla chiusura dei giornali? Delle edicole? La gente comprerà ancora i giornali?”. Io sono uno che si chiede continuamente: ma ne valeva la pena? Uno che bestemmia se gli si infila il dito nello stipite della porta, ma che si vergogna se poi qualcuno lo ha sentito. Io sono Parigi, piccola e indifesa nel bianco e nero di una mattina di gennaio, di un anno nato già vecchio. Io sono François e qualunque politico imbambolato, che passeggia nella città con le telecamere davanti e i mitra spianati alle spalle. Io sono un giovane musulmano di Saint Denis, che si guarda intorno per vedere se ci sono poliziotti. Io sono un editorialista sessantenne entusiasta all’idea di un nuovo scontro di civiltà. Io sono Gavrilo Princip mentre passa la carrozza dell’arciduca, nient’altro che un pretesto della storia. Io sono uno spettatore di fronte a uno schermo, davanti al fermoimmagine su quel marciapiede vicino Boulevard Voltaire, ma allora è così che si spara in testa a un uomo. Io sono uno degli ostaggi del supermercato, morto non perché difendeva qualche ideale o libertà, ma solo perché si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato, tra il banco dei surgelati e quello dei legumi in scatola, solo perché infedele senza saperlo. Io sono un fanatico, anche se non venero un libro ma cento al suo posto, e i quotidiani, e i periodici, e i siti internet, e i video, e il rumore di fondo delle parole impunite. Io sono l’Ultimo Uomo di Friedrich Nietzsche, “un piccolo veleno di tanto in tanto, è quello che ci vuole per fare sogni piacevoli, e più veleno alla fine, per una morte piacevole”. Io sono tante cose in questi giorni, e alla fine non lo so più nemmeno io cosa voglio.


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