I compromessi paesani

Ma come, che delusione, girate e ambientate un film nella mia amata Gaeta (e, per la verità, ne girate un pezzo anche nella vicina Formia, dalla quale, anche il regista ne ha dovuto prendere atto, si gode il panorama più bello di Gaeta), ne mostrate i panorami più belli, gli scorci più suggestivi, le cornici più splendide, le delizie al limone (mah!), perfino le ossessionanti luminarie natalizie (ora toccherà tenerle tutto l’anno?) e l’unica trama che viene in mente è quella di un Romeo del nord che si innamora di una Giulietta gaetana però con accento de Roma e dopo la prima notte in spiaggia e il primo selfie decidono di sposarsi? Insomma, ha ragione la mia amica Maria, in questo paese “gli sceneggiatori dormono”. Anche perché la sceneggiatura migliore era proprio lì, a chilometro zero, servita un piatto d’argento.

Un paesone di mare che nell’anno di grazia 2018 si scopre stregato dal cinema, quattro film e una serie tv girati uno appresso all’altro, annunci per la ricerca di comparse pubblicati sul sito del Comune, incolpevoli cittadini che fanno slalom tra set cinematografici per tornare a casa (“di là non si può passare, sta girando Alessandro Gassman”, “pure di là è bloccato ci sono Abatantuono e Salemme che guidano un trenino sul lungomare”, “vabbe’, riprovo domani”, “occhio che domani sera c’è un inseguimento sul corso con Luca Argentero”), amministrazioni comunali che litigano a colpi di film commission, Saverio Costanzo e Alba Rohwacher che mangiano le calamarelle alla votapiatto al ristorante Masaniello, un’alunna del liceo che propone al comune di innalzare una grande scritta “Gaeta” su Monte Orlando tipo Hollywood (pare che una sola obiezione le sia stata rivolta: “l’impatto ambientale sarebbe troppo forte”).

Il sindaco grillino di Gaeta interpretato da Vincenzo Salemme non da i permessi per costruire un mega-albergo all’imprenditore bergamasco e forse leghista Abatantuono, ma non regge il confronto con il vero sindaco di Gaeta a maggioranza ForzaItalia/Pd che si fa il giro dei sette alberghi per far avere gli sconti alle troupe del cinema e vagheggia di essere finalmente “la Cinecittà del Tirreno”, con lo stesso afflato del sindaco di Stromboli in “Caro diario” di Nanni Moretti quando dice di voler chiedere a Storaro di rifargli le luci dell’isola e a Morricone la colonna sonora, “scion scion!”. Poi durante le riprese in Comune, mentre si rimirava Salemme seduto sulla sua poltrona, diceva al povero regista: “sposta un po’ l’inquadratura, non si vede il gonfalone” (e qui, se la commedia all’italiana fosse ancora viva, il regista prima lo avrebbe cacciato urlando poi avrebbe preso nota per il prossimo film). Entra qui in scena l’assessore al Turismo del vicino Comune di Formia, già attore e regista in piccoli film autoprodotti, tra cui il memorabile “Chi ha rapito Leonardo Pieraccioni”, in cui si immaginava la misteriosa scomparsa del comico toscano mentre girava – pure lui – un film a Gaeta. Appena nominato, stanzia 15mila euro per il film in cambio, si leggeva nella delibera, di una citazione di Formia nei titoli di coda. Immediatamente il sindaco di Gaeta fa sapere a mezzo stampa di aver preteso “dalla produzione del film” che nel film non vengano mai citati i nomi di altre città oltre Gaeta. Ci penserà il bravo Dino Abbrescia, nei panni dello zio gaetano della sposa (ma inspiegabilmente con l’accento barese) a regalare a entrambe le città l’immortalità di una battuta: “L’hai data a cani e porci, l’hai data a tutta Gaeta, lo sanno pure a Formia!”.

C’è già tantissimo materiale, potremmo forse rivendercelo a Netflix. Il sogno del cinema come nel neorealismo ma pure la delusione delle luci della ribalta. Come quando sotto Natale, nella nuovissima saletta riservata ai film d’essai del nostro Cinema Teatro Ariston (c’è sempre un Ariston che cova nel cuore di ogni provincia), alla proiezione di “Capri Revolution” si scopre che le scene girate a Gaeta sono state tagliate, ma pochi sono in grado di confermarlo: dopo il primo che ha sparso la voce nessuno aveva più voglia di sorbirsi le due ore del film di Martone per verificarlo. Va meglio con la serie “L’amica geniale” su Rai1, quando Gaeta viene spacciata per Ischia e tuttavia a noi indigeni fa un certo effetto vedere Donato Sarratore scendere dalle dune della spiaggia naturista dell’Arenauta, noto covo di rattusoni di ogni genere nei mesi più caldi. Molto meglio Diego Abantuono che si affaccia dal terrazzo sul golfo dell’hotel Miramare ed esclama: “Mi sembra il lago di Como!”.

Ora già si annunciano le uscite di altri film appena girati a Gaeta: uno dove Alessandro Gassman e Fabrizio Bentivoglio riuniscono le loro famiglie per annunciare che loro due si amano, un altro dove Luca Argentero, Ambra Angiolini e Stefania Sandrelli si affrontano in una storia vera “di bigodini e pistole”. I più nostalgici rimpiangono i tempi in cui a Gaeta arrivava Alberto Sordi sottotenente in fuga dopo l’otto settembre (“Tutti a Casa”, 1960), i pirati sbarcavano sulla spiaggia dell’Ariana (“Il corsaro nero”, 1976), Adriano Celentano con Corinne Clery faceva esplodere una barca al porto (“Bluff – Storia di truffe e di imbroglioni”, 1976), Alvaro Vitali vendeva i fazzoletti al semaforo davanti il bar La Triestina (“La dottoressa preferisce i marinai”, 1981). All’epoca nessuno immaginava che perfino a Gaeta ci sarebbero state “le fashion blogger” e che ci avrebbero pure fatto un film. Chi ci amministra ha finalmente capito che venuta a mancare l’industria, messo in crisi il commercio tradizionale, divenuto insufficiente il turismo, per affrontare la crisi meglio aprirsi un profilo Instagram e approfittare di tutte queste luminarie e di tutti questi attori fotogenici in giro per il paese.


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