Ai miracoli

Bisognerebbe poter girare il mondo e immergersi nelle felicità altrui, come imbucati a una festa, stare tra i tifosi che hanno appena vinto una coppa, i fedeli che cantano e ballano “viva il papa!” guardando la sagoma di uno sconosciuto che appare da una finestra, gli elettori che festeggiano un risultato uscito da qualche urna lontana, purché decente, sperando che tutto cambi, gli innamorati che suonano serenate alla vigilia del matrimonio sognando che nulla invece cambi mai da quel momento. Imbucarsi nelle feste e nei carnevali degli altri, perché ogni gioia ha bisogno di qualcosa in cui incarnarsi, ogni amore necessita di un indirizzo nuovo. Lasciarsi contagiare come i giovani, gli uomini, le donne, i vecchi che si riversano per strada stanotte in una città che per novanta e passa minuti all’unisono ha respirato, inspirato, trattenuto il fiato, e poi esultato una, due volte, fino all’esplosione finale con mille fuochi e petardi.

«Allora, andiamo ai Miracoli?». Qui, in in piazzetta dei Miracoli, sopra alla Sanità, stasera tutto pare possibile. Un telo bianco, fatto montare dal parroco proprio davanti la chiesa, appunto, dei Miracoli, si riempie delle immagini della partita, la Madonna dei Miracoli vigila con la sua icona proprio lì sopra. Santo Diego Maradona, pure lui, controlla poco più in là. Come diceva Lello Arena all’inizio del film “Ricomincio da tre” esistono «’o MIRACOLO!» e «’o miracolo». La prima casella è quella dell’eccezione: la deviazione improvvisa della trama, la missione compiuta dai cavalieri dell’impresa, l’allineamento fortunato degli astri, il regalo caduto dal cielo, la battaglia che resterà nei racconti per generazioni, il murale destinato a non scolorire e il pensiero rivolto a chi non c’è più, cosa vi siete persi. Oppure c’è la regola travestita: la vittoria che arriva senza clamore, il traguardo tagliato dopo aver zoppicato, il lungo percorso di espiazione verso la felicità, sperando nel favore involontario degli avversari, scommettendo come la pasticceria Primavera alla Sanità che ha preparato le torte con il 4 stampato sopra con il rischio reale di doverlo cancellare il giorno dopo. Forse ha ragione Paolo Sorrentino quando dice che una notte così serve, esattamente come un amore giovanile, a regalarci «l’illusione della spensieratezza».

In