Il giorno di nebbia

Mi sveglio dentro una nuvola, una nuvola fumosa e impalpabile che avvolge le tangenziali, i pini, le cupole, le torri cilindriche della stazione, i ponti sospesi sul fiume che non si vede più, i palazzoni popolari e quelli dei potenti, i semafori che parlano da soli. È una nuvola con la consistenza e il calore umido di una coperta di pile. Questa inattesa nebbia romana ricopre anche le statue, come avranno fatto a restar nude e intere per tutti questi secoli, ma almeno adesso nessuno si offenderà. La nebbia è un pretesto umido per guardarsi dentro. Polveri sottili di un’assenza, una luce che si spegne ed è pronta ad essere riaccesa, mentre le strade pompano traffico lungo le arterie della vecchia eterna città. Volo nella nebbia e nell’aria sporca, affitto un passaggio in motorino, le notifiche del telefono fendono gli occhi impastati di un giorno nuovo. Plano tra i palazzi umbertini che dentro hanno case dai corridoi lunghi come in quel vecchio film e ora diventate quasi tutti uffici. Ogni angolo di questo percorso tra casa e ufficio è un set di un film che mi sembra un vecchio ricordo o viceversa. Una famiglia, una terrazza, un amarsi tanto e ora non più. Se le cose scompaiono è come se non fossero mai accadute, restano solo vecchie repliche all’improvviso a notte fonda, cambiando canale oppure sognando. Ma sta arrivando il traffico, e tra qualche ora di nuovo tutto sarà sfacciatamente visibile, come sempre.


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