Serpentoni e basilischi

La sala di controllo delle scale mobili di Potenza, si dice le scale mobili più lunghe del mondo, probabilmente anche le meno affollate. Due uomini seduti davanti agli schermi osservano immobili le scale mobili, la loro immagine in movimento da nessuno attraversata. L’eterno movimento meccanico è sempre uguale, in discesa e in salita, sulle scale mobili ci si muove restando fermi. E le scale mobili sanno restare ferme finché nessuno poggia il primo piede sul primo gradino. I controllori potentini le osservano pietrificati come il basilisco della mitologia lucana, creatura mitologica, re dei serpenti con il volto di gallo, capace di uccidere, pietrificandolo, chiunque lo guardasse negli occhi.

In alchimia, cioè nella venerabile pratica di trasformare i metalli in oro, il basilisco indica la materia primordiale da cui il processo di purificazione alchemico ha inizio. Il basilisco è insomma un po’ come il concetto di potenza secondo Aristotele, il grande filosofo greco che teorizzava come ogni cosa in atto, cioè perfettamente compiuta, fosse precedentemente compresa in potenza che era in attesa di esprimersi; per dirla con un esempio: un albero è in atto ciò che il seme è in potenza. Anche Potenza è una città in potenza: né bella né brutta, fredda ma non nordica, né città né paese, petrolifera ma senza emiri e miliardi, povera ma senza sassi da gentrificare, in attesa di una sua iniziazione.

Come un serpente anche le scale mobili scendono dalla cima della città vecchia, precipitano nel fondo valle e risalgono sulla collina delle case popolari che tutti, a loro volta, chiamano “il serpentone”, con le sue squame di cemento armato e persiane che splendono al sole. Il serpentone come un rettile tentatore ha succhiato via gli abitanti e la vita alla città vecchia, digerendoli con i suoi umori a volte cattivi. Lo scrittore Gaetano Cappelli dice che le tre P di Potenza sono la P di petrolio, la P di pazzia, la P di pensione. Lo incontriamo sulla cima di una torre spazzata da un vento freddissimo, mentre si tiene il cappello sulla testa con la mano ed esclama: “Nomen omen!”.


Pubblicato il

da